Nel dettaglio – si legge in una nota - , le stesse erano tutte costituite con le forme giuridiche della società a responsabilità limitata semplificata o di cooperative, con vita media assai breve (due o tre anni, al massimo), con bassissimo livello di capitalizzazione e prive di una benché minima struttura aziendale, rappresentate formalmente da soggetti nullatenenti, completamente sconosciuti al Fisco ed estranei alle dinamiche di gestione, ma con numerosi lavoratori dipendenti (autisti, facchini, magazzinieri. In sostanza, si trattava di vere e proprie società cartiere "apri e chiudi", utilizzate come "serbatoi" di manodopera e costituite al solo fine di contabilizzare acquisti inesistenti per decine di milioni di euro e maturare fittizi crediti IVA, utilizzati, poi, in compensazione per il pagamento degli oneri contributivi dei dipendenti. I contratti di appalto e subappalto stipulati dissimulavano, in realtà, vere e proprie somministrazioni di manodopera (illegali) o rapporti di lavoro dipendente tra i lavoratori e i committenti umbri, destinata ri finali delle prestazioni di servizio ed effettivi beneficiari del sistema, potendo avvalersi di manodopera a basso costo e, soprattutto, di una straordinaria flessibilità del lavoro. In aggiunta, l'utilizzo di contratti di appalto "non genuini" ha consentito la detrazione dell'IVA, sull'intero importo fatturato, altrimenti (in caso di somministrazione o di rapporto di lavoro subordinato) non spettante. Il Gip del Tribunale di Perugia, condividendo l'impianto accusatorio, ha accolto la richiesta del Pubblico Ministero, disponendo il sequestro preventivo, anche in forma equivalente, di disponibilità finanziarie, beni mobili ed immobili, partecipazioni societarie, riconducibili diretta m e n t e ai soggetti indagati ed alle società interessate, per un importo complessivo di € 3.372.372,67, pari all'illecito profitto derivante dalla frode perpetrata negli anni dal 2017 al 2019. fonte com abstract