Confindustria chiedera' al nuovo presidente del consiglio "non miliardi, ma confronto. Abbiamo sempre pensato fosse necessario combattere la poverta' – scrive ancora la Dire, riferendosi alle parole di Bonomi - ma e' sotto gli occhi di tutti che il reddito di cittadinanza come strumento per favorire la ricerca di un lavoro ha fallito". Per creare lavoro, ha proseguito, "abbiamo bisogno di una riforma radicale degli ammortizzatori sociali e di politiche attive del lavoro efficaci, non solo imperniate sui centri pubblici per l'impiego. Sono due riforme che vanno insieme. A luglio abbiamo presentato una nostra proposta al governo. Ma non se ne e' mai fatto nulla", ha spiegato Bonomi. Anche i sindacati chiedono una riforma su cassa integrazione e mobilita'. "Credo che il nuovo governo potrebbe convocarci per una trattativa a tre. Dobbiamo cambiare la filosofia: e' difficile immaginare di mantenere il lavoro dove era e come era in un mondo che cambia. E contemporaneamente tutelare le persone, formandole perche' abbiano la capacita' di modificare la loro professionalita'. Ma per ottenere il risultato -ha affermato Bonomi- bisogna modificare vecchie norme. Come quella che impedisce la formazione a chi si trova in cassa integrazione". Su quota 100 "abbiamo sempre avvertito che avrebbe creato problemi di sostenibilita' del debito pubblico e aggravato l'ingiustizia verso i piu' giovani. L'idea che pensionando in anticipo i piu' anziani si creassero nuovi posti di lavoro non e' fattibile", ha spiegato. Sul blocco dei licenziamenti - scrive sempre DIRE - , "all'inizio della pandemia eravamo in emergenza ed era naturale adottare un intervento emergenziale come" questo. Nonostante il blocco dall'inizio della pandemia abbiamo comunque perso oltre 600 mila posti di lavoro. Nessuno vuole fare macelleria sociale. Dobbiamo invece graduare l'uscita dal blocco prolungando la cassa Covid per le aziende in gravi difficoltà ma togliendo i vincoli alle altre. Unendo nuovi ammortizzatori e nuove politiche entrambi volti all'occupabilità". Il principale difetto del governo Conte – conclude la Dire - e' stato il documento per il Recovery, "era completamente da riscrivere. Non si capiva chi dovesse gestire i fondi. E non c'erano obiettivi precisi su riforme essenziali. Senza ristrutturare a fondo la nostra pubblica amministrazione non riusciremo mai a spendere 200 miliardi di euro in 6 anni. In media ce ne mettiamo 15 a realizzare le opere di valore superiore ai 100 milioni. Dobbiamo riformare pubblica amministrazione, giustizia e lavoro". Il Corriere della Sera e' convinto stamane (articolo di F.Verderami) che tanti saranno i partiti che daranno la fiducia a Draghi, da quelli della vecchia maggioranza (Pd, M5S in parte..., Leu) ai vari gruppi nati da tempo (Calenda ecc..), a Fi, Lega, Italia Viva di Renzi, quel politico – dicono gli osservatori – che e' riuscito a sconquassare un vecchio sistema, permettendo al Presidente della Repubblica di scegliere "il miglior italiano, capace di gestire i fondi miliardari della UE", quell'umbro di adozione, che dalla "sua" Citta' della Pieve dove da anni risiede in una casa di campagna, corso a Roma, salvera' l'Italia. Forse, quell'unico partito (FdI a guida Meloni) che ha annunciato il suo voto negativo tra le forze di destra, potrebbe, una volta conosciuti i programmi di Draghi, astenersi dal voto di fiducia. Si sa che tutti i partiti, al priprio interno, hanno piu' anime... La prossima settimana lo sapremo. abstract PP fonte com DIRE