Lo schema fraudolento utilizzato dai fratelli Gelfusa - e' detto in una nota della GDF - è consistito nel formale affidamento della rappresentanza della Centralpol a terzi compiacenti, nell'accumulo di un ingente debito nei confronti dell'Erario (in tal modo condannando l'impresa al fallimento), nella mancata ricostituzione del patrimonio sociale (colpito dalle confische per i precedenti fatti) e nel parallelo scorporo del ramo d'azienda operativo dalla società, divenuta ormai una "bad company", in favore della Sevitalia Sicurezza S.r.l. (good company). Quest'ultima, sempre riconducibile ai Gelfusa, ha proseguito la conduzione dei servizi appaltati da importanti società ed enti pubblici presenti nella Capitale, avvalendosi di oltre 400 lavoratori. Gli investigatori hanno rilevato plurime fattispecie di bancarotta fraudolenta, avendo gli indagati, distolto risorse della Centralpol a loro vantaggio, sotto forma di prelevamenti di denaro e di spese personali (tra cui costosi capi di abbigliamento, elementi di arredo ed elettrodomestici); tenuto la contabilità dell'impresa in modo tale da ostacolare la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari;pattuito con la Sevitalia Sicurezza, per l'affitto del ramo d'azienda, un canone di 480 mila euro annui più IVA, assolutamente insufficiente a ripianare la milionaria esposizione verso il Fisco (se non nell'arco di oltre 18 anni). L'operazione ha permesso di cautelare il credito erariale e sottrarre un rilevante compendio patrimoniale alla gestione degli indagati per affidarlo all'amministrazione giudiziaria appositamente nominata, onde consentire la prosecuzione dell'attività d'impresa. fonte com GDF