"Questa è una procedura che è divenuta ormai routinaria e viene svolta da anni con ottimi risultati nel nostro reparto, tuttavia l'inserimento di molti cateteri si può accompagnare – ha detto - il prof. Alessandro Capucci, direttore della Clinica di Cardiologia e Aritmologia degli Ospedali Riuniti - a complicanze quali sposizionamenti degli elettrocateteri o infezioni, ciò che richiede poi un eventuale reintervento sul paziente". Il 21 settembre il dr. Silvano Molini e il Dr Mario Luzi, medici dell'equipe di Aritmologia guidata dal prof. Capucci, hanno impiantato, per la prima volta, in regione, all'ospedale Torrette di Ancona, un defibrillatore di nuova generazione con funzione di Resincronizzazione cardiaca, sviluppato dalla società BIOTRONIK, leader nella tecnologia medica cardiovascolare ed endovascolare. Tale apparecchio necessita di soli due elettrocateteri anziché tre. Non è presente l'elettrodo in atrio destro. Ciò è possibile grazie alla presenza di un sensore sull'elettrocatetere del ventricolo destro e a un sofisticato sistema elettronico nel dispositivo che permettono di rilevare l'attività atriale senza avere quindi la necessità di posizionare un catetere all'interno dell'atrio. "Avere questo innovativo dispositivo per alcuni pazienti è fondamentale – ha sottolineato il dr. Molini - ;Infatti l'anatomia estremamente complessa in alcuni soggetti non avrebbe mai permesso di posizionare tutti e tre gli elettrocateteri; avremmo comunque dovuto rinunciare al catetere atriale e questo avrebbe fatto si che il dispositivo non avrebbe potuto funzionare al 100% delle sue possibilità e il paziente non ne avrebbe tratto il massimo giovamento possibile. Grazie a questa nuova tecnologia abbiamo potuto risolvere il problema e il paziente può cosi sfruttare al massimo le capacità del suo pace maker/ defibrillatore". "Oltre a questi casi particolari – ha continuato il prof. Capucci - in generale avere la possibilità di garantire la Terapia di resincronizzazione con due elettrocateteri anziché tre è molto vantaggioso; infatti da studi internazionali si evince come la presenza del terzo elettrocatetere aumenti il rischio di infezione procedurale di quasi cinque volte.